Frecce Tricolori

Frecce Tricolori
Riscopriamo l'amor di Patria

giovedì 7 aprile 2011

riflettiamoci...

ciao,
non posso non scrivere un post per invitare tutti a ragionare sulle cose che stanno accadendo a Lampedusa...non credo ci sia moltissimo da dire, se non che è necessario trovare una soluzione che non sia "parziale" rispetto agli aspetti da considerare: non solo ordine, anche compassione e accoglienza. Trovare la quandra non è facile, ma la politica dovrà pur darsi dei compiti difficili da affrontare! Quello che non dobbiamo tollerare è che di fronte a quanto accaduto e che riporto poco sotto, ci possano essere commenti cinici o indifferenti...questo personalmente è cosa che non posso soffrire. Le contrapposizioni tra chi sottolinea l'aspetto dell'ordine e chi quello dell'umanità sono ormai sterili. Chiunque sottolinei un aspetto sottovalutando l'altro entra nel vortice della contrapposizione che non ci farà arrivare a nulla. Ma leggete...

Se lo ricorderanno come il naufragio dei dannati che per non morire s'aggrappavano a chi sapeva nuotare, a chi s'agitava per raggiungere un salvagente o una cima e, invece, veniva tirato giù a fondo da braccia che a tenaglia afferravano lembi di camicia, scarpe, jeans. Una lotta per sopravvivere. Una lotta di cui restano graffi e tumefazioni sui corpi di chi è riuscito a riemergere, lasciando tra i flutti corpi gonfi d'acqua. La sopravvivenza affidata ad uno strappo, pur se sganciarsi equivaleva a decidere il destino di chi affogava. Una lotta vinta dai giovani e dai forti, persa da quasi 250 migranti in totale, da almeno cinquanta donne e da dieci, forse venti bambini, tutti inghiottiti dalle onde di un mare forza 6.

Il panico del possibile naufragio, l'euforia alla vista dei soccorritori, l'errore di spingersi alzandosi in piedi, la calca per guadagnare un centimetro sono tutti elementi che debbono aver pesato per squilibrare la barca. Ma come dirà un combattente del Movimento di liberazione del Sudan, Abdoul Karim, un omone di 46 anni, anche lui in fuga da guerre e miserie, «il danno maggiore deve averlo fatto il capitano di questo barcone». Un libico che adesso si cerca e non si trova fra i sopravvissuti. «Un trafficante che ha spento il motore per non farsi riconoscere dagli equipaggi delle motovedette».

Una manovra errata perché la carretta che già imbarcava acqua si è ritrovata ad ondeggiare schiaffeggiata dai flutti, senza alcun governo, oscillando come un'altalena impazzita, in 300 spinti prima sulla fiancata destra affondata giù e, un attimo dopo, ribaltati verso sinistra.


Così Domenico Sorrenti e Maurizio Scozzari ai comandi della «301» hanno visto letteralmente volare centinaia di persone in acqua: «A grappoli, uomini, donne e bambini...». Un inferno. «Nooo. Calma. Seduti», urlavano ancora invano Pietro Alaimo e Roberto Boatta dalla «302». Grida perdute in un'alba mai nata per chi annaspava disperato, trascinato dal mare furioso, sparendo giù per riemergere pochi minuti dopo senza vita, il corpo bocconi. Come è accaduto con tanti bambini. Anche con il bebé di Ebbi, un libico, papà a 19 anni, distrutto perché non ce l'ha fatta a salvare il suo fagotto stretto prima fra le mani, poi con un braccio per poter nuotare, nell'impossibilità di fargli tenere il capo su, l'acqua inghiottita, vinto dallo schiaffo di un'onda più forte.