Non so cosa ne pensiate, ma credo che tutti si accorgano che sono in
voga, contemporaneamente, due tendenze "filsofiche" apparentemente
opposte ma simili circa gli esiti,
disgreganti dei valori, che ottengono (in particolare mi riferisco qui ai valori cristiano/cattolici, ma non solo), che sono:
- da una parte scientismo/positivismo, che estendono il metodo
scientifico a tutti i campi del sapere (detto terra terra, questo
approccio non contempla verità che stiano al di fuori della scienza e del suo metodo, sperimentale)
- dall'altra l'esaltazione di istinto e "animalità" che sarebbero vera essenza del nostro essere umani
In questo secondo filone si colloca, probabilmente, la prefazione di
Paolo Bonolis al thriller "Il ricercatore di emozioni" (La lepre
edizioni),
di Marco Cesati Cassin, «studioso di fenomeni legati al destino, alle
coincidenze e alla sfera spirituale» (il virgolettato precedente è tratto dalla quarta di copertina).
Dice Bonolis: «Da secoli ormai l'Uomo ha
smarrito l'istinto a favore della ragione...così la vanità del pensiero
razionale ha ucciso la purezza della conoscenza eterna e collettiva
dell'istinto... La ragione e la logica nel tempo hanno saputo sedurre
grazie alla scientificità delle risultanti empiriche e così la madre
della scienza e della tecnologia ha partorito colposamente una figlia
impropria: la verità! L'Istinto è stato sepolto e le sue grida sono
sempre più flebili e inascoltate. Ma la scienza e la ragione, che
crediamo empiricamente dedotte, in realtà sono indotte da quei vizi di
forma che la natura umana ha sviluppato nei tempi. Di contro la vera
madre della nostra vita, quell'eterno istinto che ci ha formato e con
noi si è formato dall'alba del nostro cammino, non ha bisogno di riprove
per affermare la sua verità poichè la nostra stessa vita ne è la prova
assoluta. Ma l'uomo e la sua sposa più esigente, la vanità, questo non
lo possono tollerare perchè la ragione la si può manipolare, l'istinto
no: altrimenti come si fa a barare?»
Siccome non sono d'accordo mi accodo allo sfottò che ne fa
questo articolo de "Il Giornale":
"a Paolo, ma chevvordì??!?!"